Perdonate la lunghezza di questo post...
Riporto in toto un articolo di Camillo Langone apparso sul quotidiano Libero qualche giorno fa. Mi permetterò, al termine del suo..."scritto", di esprimere una mia inutilissima considerazione.
"l lavoro che gli italiani non vogliono davvero più fare non è lo spazzino o il panettiere. Il lavoro che gli italiani non vogliono davvero più fare è il genitore.
Si può capire: non esiste oggi lavoro più gravoso e meno remunerato, anzi, più tartassato. Una volta i figli piccoli erano braccia per i campi e quelli grandi erano bastoni della vecchiaia, adesso tocca mantenerli vita natural durante, come impone la Corte di Cassazione («L’obbligo di versare il contributo per i figli maggiorenni cessa solo quando il genitore obbligato provi che essi abbiano raggiunto l'indipendenza economica», sentenza 14123 della prima sezione civile). Ma non può essere solo questo a provocare lo sboom della popolazione e il boom dell’immigrazione.
Culle vuote e barconi pieni sono fenomeni così strettamente legati che perfino un sincero xenofobo come me ha sbuffato, dopo la reazione leghista alla forzatura di Napolitano sulla cittadinanza ai figli degli immigrati. Io sono di destra perché sono realista: le ideologie e le utopie non me le bevo. E l’uscita di Calderoli («Siamo pronti a fare le barricate») non mi sembra piantata nella realtà, la Padania in armi è una visione ancora più utopistica dell’Italia senza frontiere che il Presidente della Repubblica vuole imporci a suon di colpetti di stato.
CULLE VUOTE
Da troppo tempo la Lega abbaia ma non morde. Da troppo tempo i politici, di tutti i partiti, mica solo i bossiani, preferiscono i sogni alle statistiche. La natura non tollera vuoti, bisogna metterselo in testa: non è pensabile che una nazione si spopoli senza che alle nazioni vicine venga in mente di ripopolarla. Se in Italia il numero di figli per donna è 1,32, molto sotto la soglia di sostituzione che è poi la soglia dell’estinzione prossima ventura, ci vorrebbe altro che le dichiarazioni di Calderoli, ci vorrebbe un’atomica al giorno per impedire gli arrivi dalla Siria, dall’Egitto, dalla Libia, dove i figli per donna sono più di tre.
E poi le avete viste le piramidi demografiche, quelle rappresentazioni che mostrano la popolazione suddivisa in fasce di età? Non bisogna essere ingegneri o appassionati di faraoni per sapere che le piramidi, se ci tengono a stare in piedi, devono avere base larga e punta stretta. Disgraziatamente la piramide demografica italiana è stretta alla base (pochi giovani), gonfia in mezzo (tantissimi quarantenni) e piuttosto larga in alto (molti vecchi). Più che una piramide sembra una trottola e le trottole, si sa, dopo qualche giro cadono. Per non far cascare a terra il trottolone italiano bisogna dargli un appoggio e i puntelli possibili sono soltanto due: nuova immigrazione e nuova prolificazione.
Il primo non me lo auguro: mi capita sempre più spesso di trovarmi completamente circondato da stranieri (alla stazione di Brescia, in viale IV Novembre a Reggio Emilia, sui regionali notturni in partenza da Bologna...) e mi sembra di vivere un incubo. Preferisco il secondo puntello però bisogna convincere gli italiani a riaccettare il duro lavoro di padri e di madri.
DIO NON C'ENTRA
Come? Convertendoli all’islam? Non serve: il paese più prolifico del pianeta è il maomettano Niger (7,68 figli per donna) ma subito dopo, nella classifica della fecondità, si trova la cristiana Uganda. Quindi la religione conta poco o nulla, e a riprova ecco l’Iran, precipitato anch’esso sotto la soglia di sostituzione nonostante veli e ayatollah. Che allora convenga diventare induisti? Macché: in molte zone dell’India ancora all’apparenza prolifica il tasso di fecondità sta crollando. Oppure buddisti? Niente da fare: i thailandesi si vanno estinguendo a ritmi europei. Comunisti? Peggio che andar di notte, a Cuba si fanno meno figli che nella decadente Olanda. Se non è la religione, se non è l’ideologia, qual è il vero fattore fertilizzante?
LA RICETTA
Io lo so ma l’ho tenuto per la fine dell’articolo perché non avevo fretta di farmi linciare. Ebbene, gli studi più recenti denunciano lo stretto legame tra scolarizzazione femminile e declino demografico. La Harvard Kennedy School of Government ha messo nero su bianco che «le donne con più educazione e più competenze sono più facilmente nubili rispetto a donne che non dispongono di quella educazione e di quelle competenze».
E il ministro conservatore inglese David Willets, ha avuto il coraggio di far notare che «più istruzione superiore femminile» si traduce in «meno famiglie e meno figli». Il vero fattore fertilizzante è, quindi, la bassa scolarizzazione e se vogliamo riaprire qualche reparto maternità bisognerà risolversi a chiudere qualche facoltà.
Così dicono i numeri: non prendetevela con me.
La mia considerazione:
Questo è chiaramente un articolo provocatorio messo li apposta per fare "audience" e pubblicato per scatenare il popolo femminile e non della rete.
Mossa intelligentissima, visto che l'articolo ha centrato pienamente il suo obiettivo e che da giorni su facebook non si parla d'altro.
Ammetto però che l'articolo ha infastidito parecchio anche il sottoscritto.
Il giornalista, nella sua analisi, pare abbia ignorato totalmente il perchè le famiglie facciano certe scelte e le motivazioni sono a mio avviso piuttosto chiare: stipendi sotto la media europea, troppe tasse, nessuna possibilità o quasi di sbocchi professionali, altissima disoccupazione...
Senza contare il fatto che molte famiglie siano costrette a vivere con stipendi ridicoli spesso sotto i 1000 euro e che con quella cifra, si debbano far quadrare i conti (luce, gas, acqua, telefono, cibo, tasse e gabelle varie, bolli, assicurazioni, benzina, spese condominiali, affitti o mutui).
Il risultato più logico? Quello di non fare figli per evitare di far mancare loro le cose base... Certo forse potreste dire che il mio è un pensiero egoista e che se tutti la pensassero come me allora si, bisognerebbe dar ragione al signor Camillo Langone. Io non penso di essere egoista, anzi... penso che la mia scelta di non avere figli sia dettata da una forma altissima di generosità, ma non divaghiamo con decisioni personali e torniamo in tema.
Ha pensato il giornalista in questione a quanto costi un litro di latte in polvere, gli omogeneizzati o quanto possa gravare in un misero bilancio famigliare il costo di pannolini o le quotidiane spese per la (mi sia consentito un termine volutamente cattivo, ma ironico) "manutenzione del piccolo erede"?
Inoltre trovo sconveniente tirare in ballo questioni come la religione o scolarizzazione. Non sono certo questi i termini della "partita" e non è certo dare la colpa ad un aumento della cultura e ai molti interessi delle nostre signore.
Quando si vuole fare uno studio sul perchè esista un calo demografico, a mio avviso, occorre valutare molte, moltissime cose più di quelle esposte nell'articolo pubblicato da Libero: Occorre in primo luogo studiare il caso con la dovuta attenzione e professionalità, bilanciando pro e contro ed inserendo fattori economici, politici e sociali, studiarne sociologicamente gli aspetti, confrontarsi con luminari e studiosi di certi aspetti, ma soprattutto pesare bene le parole con le quali si comporrà poi l'articolo.
Lungi da me dare lezioni di giornalismo, ma mi è parso che il tema sia stato trattato con sufficienza e poca professionalità.
Certo la cosa migliore sarebbe ignorare la lettura di certi articoli e semplicemente continuare a ragionare con la propria testa, ma si sa siamo esseri umani e l'essere umano è portato a fare errori e io personalmente, ne faccio tantissimi.